Promuovere un’attività con i social – Parte prima: il nuovo libro di Mario Calabresi.

I social, lo dice la parola stessa, servono per socializzare. Gigantesche piazze virtuali dove ognuno può dire la sua, spesso in veste anonima, soprattutto se si vuole insultare o offendere qualcuno.

In sostanza una gigantesca arena del cazzeggio.

In metropolitana, nei treni o sulle panchine dei giardinetti, la gente non legge più i giornali, legge i social. E’ lì che i giovani (e non solo) vanno a istruirsi o a informarsi su ciò che accade nel loro minimondo, ma anche nel mondo reale.

Ma i social sono anche un’enorme vetrina promozionale con cui, su cui, in cui, comunicare qualcosa che vogliamo vendere, proporre, condividere. Sia esso un prodotto, un libro, un disco o altro.

Io stesso utilizzo i social, nello specifico 4 profili Instagram e 3 pagine Facebook, per promuovere l’attività di mia moglie.

Oggi voglio parlarvi del primo di alcuni casi (chiamiamole pure case history) che mi sono balzate agli occhi navigando qua e là proprio sui social. Altri casi seguiranno nei prossimi giorni.

Il primo caso, appunto, riguarda l’ex direttore di Repubblica Mario Calabresi (ne ho già accennato qui) che lasciata la poltrona principale del giornale romano ha deciso di scrivere un libro (non è il suo primo) e di sfruttare la rete e i social per promuoverlo. Mario ha lavorato tanto negli Stati Uniti e conosce molto meglio di ogni altro giornalista italiano le potenzialità della rete.

Ha da tempo un account Twitter (431.000 follower*) che governa alla perfezione e in cui tiene aggiornati lettori e potenziali lettori degli eventi di presentazione del libro, come farebbe un perfetto ufficio stampa.

Recentemente ha anche aperto una pagina Facebook che in poche settimane ha raggiunto i 45000 like, e anche qui informa quotidianamente i suoi seguaci.

Chi pensava che Calabresi andasse in depressione dopo le vicende di Repubblica si dovrà ricredere. Mario è vivo e lotta. E, secondo me, si diverte pure. Molto più di prima, ne sono certo.

 * Tutti i dati relativi a follower, like e altro sono aggiornati alla data in cui è stato scritto l’articolo.

Socializziamo? (e altre cosine).

 

 

 

 

 

Per chi ancora non li conoscesse, vi segnalo i miei canali social.

Il mio profilo Facebook.

La pagina Facebook di Enrico Maria Porro Comunicazione.

Il mio account Twitter.

Il mio profilo Linkedin.

Il mio account Instagram.

Il mio profilo Pinterest.

E già che ci sono vi segnalo qualche novità social trovata sul bellissimo sito di Ninja Marketing.

Come utilizzare (bene) la pubblicità a San Valentino. Facciamo che vi servirà per l’anno prossimo.

Come trovare l’hashtag perfetto.

La provocazione di art guerrilla di un fotografo.

Le ultime dal magico mondo del Web e Social Marketing.

La settimana scorsa sono stato al tradizionale appuntamento con il Social Media e Community Management, nel quale Andrea Albanese, ideatore della Community, ha raccontato le ultime novità sul magico mondo del Web e Social Marketing.

Ecco, in pillole, le cose più rilevanti (e interessanti) emerse:

Finalmente, anche su YouTube arrivano le “Breaking News”.

Albanese dice: “YouTube ha un motore di ricerca pessimo e Facebook se lo sta mangiando. Confermo.

I giovani (in particolare gli adolescenti come mia figlia Sofia) stanno scappando da Facebook. Per andare su Instagram e Snapchat.

Su Facebook arriva il Marketplace per vendere e comprare oggetti. Ci mancava. O no?

Google Maps: la funzione ricerca parcheggi arriva anche in Italia.

Arriva anche da noi la app anonima Sarahah che raccoglie i dati degli utenti. Non ci mancava.

Negli USA debutta Facebook Watch per la produzione di contenuti video originali.

Il creatore del fenomeno “Gianluca Vacchi” si chiama Mirko Scarcella.

Facebook blocca le adv delle pagine che condividono le fake news. Mi sembra giusto.

Durante l’incontro ho avuto modo di conoscere Massimiliano Leva, uno dei (tanti) Social Media Manager di Repubblica.

Appunti di mercoledì 29 marzo: #ChiaraFerragni, #Instagram, #OssoMagazine, #PeugeotItalia, #StefanoAccorsi, #sensationdrive.

Fagocitato da mia figlia Sofia, sto seriamente prendendo in considerazione di studiare il fenomeno social di Chiara Ferragni.

Qui il suo profilo Instagram (quasi 9 milioni di follower), dove Chiara racconta per filo e per segno, in una sorta di diario mediatico, tutto quello che fa durante il giorno.

Non vi prometto niente, però la cosa merita davvero una case history particolare.

Vi segnalo poi Osso Magazine, un portalone di artisti (la definizione è mia) fondato nel 2014 da Maddalena Crespi e Tea Pavanetto, che raccoglie le ultime novità legate a arte, design, musica, illustrazione, film e fotografia (foto). Qui la pagina Facebook di Osso Magazine.

Segnalo infine la bella webserie di Peugeot Italia con protagonista Stefano Accorsi, un simpatico esempio di branded content composta da sei episodi introdotti da un prologo e commentata sui social con l’hashtag #sensationdrive.

Le aziende su Instagram: esserci per forza solo perché è di moda.

Nell’epoca dell’apertura frenetica di pagine e canali social alcuni suggerimenti sull’utilizzo di Instagram per le aziende.

stacy Oggi parlerò di Instagram.

Uno dei difetti delle aziende italiane, grandi-medie-piccole che siano, è quello di essere presenti a raffica su tutti i social solo perché quei social sono di moda, o solo perché la gente ne parla e se ne parla sui media.

Prendiamo appunto il caso di Instagram, per esempio.

Instagram è il social che insieme a Facebook ha avuto il più alto tasso di incremento nell’ultimo anno. La tipologia di aziende più presenti su questo social appartengono al Food, al Beverage e all’Enterteinment, e colpisce il dato che fissa il Travel al nono posto*.

Nell’ultimo anno le aziende si sono precipitate ad aprire il loro profilo aziendale Instagram.

E poi?

Dopo qualche settimana di fotografie postate senza capo né coda, la frenesia (fortunatamente) è finita. E adesso Instagram è diventato, per loro, un canale muto. Il peggio che potesse accadere.

Ciò significa che dietro alla scelta di aprire un canale social, non c’è una strategia ben precisa e, peggio ancora, non ci sono risorse e cervelli.

Inoltre, la maggior parte delle aziende non sa che prima di aprire un profilo Instagram bisogna accertarsi che il pubblico di riferimento sia lì. Perché non è detto che lo sia. Magari se ne sta beatamente da un’altra parte.

Ma facciamo finta che il target sia lì, su Instagram: siamo sicuri di avere qualcosa di interessante da raccontargli? E ancora, abbiamo visto cosa fa la concorrenza? C’è o non c’è su? Come si comporta? Fa solo branding selvaggio o fa anche Storytelling interessante?

Tutte cose che vanno esaminate, prima di farsi prendere dalla foga di aprire un profilo aziendale.

Vi lascio con una notizia: la rivista americana Time, che premia annualmente il miglior account Instagram, ha premiato per il 2015 Stacy Kranitz, che non è un’azienda ma una persona, per avere utilizzato Instagram “nel modo in cui dovrebbe essere usato: per testimoniare le cose mentre accadono”.

Intanto, se volete qualche consiglio su come migliorare la vostra presenza sui social media, scrivetemi. Sarò felice di scambiare due chiacchiere con voi.

Nella foto l’account di Stacy Kranitz.

* Dati tratti dalla ricerca “La SocialMediAbility delle aziende italiane” dell’Osservatorio IULM sui Social Media in collaborazione con BlogMeter di cui ho parlato in questo articolo.