Google+? Un terribile flop. E Mark Zuckerberg gongola.

I fan di Google+ non crederanno ai loro occhi leggendo ciò che sto per scrivere.

Google+ non lo usa nessuno. O, meglio, non lo usa quasi nessuno.

Da uno studio di Greg Miernicki risulta infatti che il social network della grande G, che doveva fare il mazzo a Facebook, avrebbe solamente fra i 4 e i 6 milioni di utenti attivi. Ed effettivamente è un po’ pochino se si considera che gli utenti che hanno un account su Google si aggirano intorno ai due miliardi.

La piattaforma di Google, appare oggi come una terra di nessuno, che sopravvive alla chiusura solo grazie all’interconnessione dei profili con tutti gli altri servizi di Google, in particolare Gmail e YouTube.

Analizzando i dati dello studio di Miernicki, si scopre che appena il 9% dei 2,2 miliardi di utenti registrati abbia mai utilizzato Google+ per pubblicare un contenuto pubblico. Le cifre sono implacabili: appena lo 0,2-0,3% dei profili Google+, cioè 4-6 milioni di utenti, avrebbe dato segnali di vita nei primi venti giorni del 2015, un insieme di produzione di contenuti tale da coinvolgere solamente 244mila utenti al giorno.

Si tratta di un’analisi chiaramente parziale e che si basa su un elenco di profili pubblici, ma di certo è significativa dell’insuccesso di una piattaforma che pare non essere riuscita a conquistare il cuore degli utenti, poco affascinati da cerchie e schede.

E, intanto, mister Zuckerberg gongola.


In un futuro molto prossimo Google ospiterà tra le ricerche anche i risultati di tre motori concorrenti.

La notizia è di quelle forti: l’Antitrust Europea ha (quasi) convinto il colosso di Mountain View Google ad ospitare nelle sue pagine di ricerca e di servizi, i risultati di tre suoi concorrenti.

L’ha annunciato il commissario UE  Joaquin Almunia, che puntualizza: “La mia missione è di proteggere la concorrenza e di beneficiare i consumatori, e non i concorrenti”.

Prima, però, Almunia dovrà sentire il parere dei concorrenti di Google interessati alla questione. Big G, in questo modo, eviterà l’arrivo di pesantissime sanzioni dalla Commissione Europea.

I servizi dei tre concorrenti saranno selezionati in modo oggettivo, e saranno presentati sulla rete in modo chiaramente visibile agli utenti, in modo da poter essere comparato al modo in cui Google stesso espone i suoi servizi.

Continua Almunia. “Senza impedire a Google di migliorare i suoi servizi, il rimedio fornisce agli utenti una scelta reale tra servizi concorrenti mostrati in modo da poter fare un paragone, in modo che stia a loro fare una scelta”.

Il principale scopo dell’operazione, infatti, è quello di incoraggiare Google e i suoi principali rivali ad innovare e migliorare la loro offerta.

Google, inoltre, rimuoverà la “clausola di esclusiva” dagli accordi con coloro che forniranno servizi di ricerca pubblicitaria. A controllare tutto ci sarà un organismo di monitoraggio indipendente che dovrà assicurare che Google applichi in pieno i propri impegni.

Il SEO è morto? Viva lo SMO!

Da qualche mese è sempre più difficile utilizzare Google sui dispositivi mobili. La troppa pubblicità con cui BigG infarcisce i risultati delle ricerche, rende difficoltosa la lettura già sui normali pc, dove ci si può ancora destreggiare per via delle dimensioni ancora “grandi” dei monitor, figuriamoci poi se la stessa ricerca la proviamo a fare da un tablet o, peggio ancora, da uno smartphone, dovela situazione diventa davvero complicata: si rischia di non vedere nessun risultato della ricerca senza dover scorrere la pagina. Tutta colpa della pubblicità e delle mappe di Google che tolgono spazio e visibilità alle ricerche organiche che, fino a prova contraria, sono quelle che tutti noi preferiamo perché più “genuine”.

Tutto ciò ha conseguenze devastanti soprattutto per le aziende che cercano in tutti i modi, attraverso il lavoro dei consulenti SEO, di scalare le serp e comparire il più in alto possibile tra i risultati. Con tutta quella pubblicità, le probabilita di riuscita dell’impresa sono vicine al nulla.

Discorsi che, se visti da un punto di vista un po’ drastico, rischiano di decretare in qualche modo la fine annunciata del Seo (Search Engine Optimization), l’insieme delle procedure su cui si lavora per rendere il sito piùvicino ai desideri dei motori di ricerca.

Il quotidiano inglese The Guardian, non proprio l’ultimo arrivato, è proprio di questo parere come ha scritto qualche giorno fa: “Nel peggiore dei casi, il Seo si traduce nel rendere i contenuti web meno interessanti per i lettori ma migliori per i robot dei motori di ricerca e per i misteriosi algoritmi di Mountain View”. Con l’aggravante che da qualche anno a complicare la faccenda si sono messi anche i social media che nel 2012, secondo un rapporto di Forrester, hanno generato il 32% delle “scoperte online” contro un 54% di marca Google e altri motori di ricerca. Il pareggio dei conti è quindi dietro l’angolo.

Quale sarebbe, a questo punto, la medicina con cui singuarisce da questo problema? I medici del web l’hanno (l’avrebbero) trovata: si chiama SMO (Social Media Optimization) ed è l’acronimo che, secondo molti, manderebbe definitivamente in pensione il SEO. Sono infatti sempre di piú le “raccomandazioni degli amici sui social network” e iniziano a contare molto di piu di tutti i benedetti algoritmi creati a Mountain View o giù di li.

Graph Search, il motore di ricerca di Facebook contro il dominio di Google.

Il 2013 di Facebook si è aperto all’insegna della “guerra a Google”.

Mark Zuckerberg, stanco di sentirsi umiliato sul fronte delle ricerche sul web, ha pensato di creare un suo personale motore di ricerca sociale che danneggi il colosso di Mountain View azzannandolo da un’angolazione diversa da chi ci ha provato in passato (vedi Bing).

Zuckerberg, a differenza di Brin e Page, i creatori di Google, non vuole una “web search”, ma una “graph search”, un mega sistema che vada curiosare tra i miliardi di contributi inseriti dagli utenti sul “suo” Facebook: dati, immagini, testi, connessioni, condivisioni, video etc.

In questo modo, cercando una determinata parola, Facebook fornirà un quadro completo della situazione ( grazie a 240 miliardi di immagini e mille miliardi di interconnessioni generate da un miliardo di utenti) che mette insieme i risultati di quella ricerca. Con conseguente pubblicità mirata, naturalmente.

Per meglio capire la differenza tra i due attuali mostri sacri del web, diciamo che su Google si cerca tra il materiale “presente” sul web, mentre su Facebook il materiale arriva direttamente dalle pagine dei “nostri amici”. E quindi diventa più affidabile e più simile ai nostri desideri. E così su Graph Search (si chiamerà proprio così) potremo cercare “ristoranti di Roma frequentati dai miei amici”. E scusate se è poco.

Secondo gli esperti, Graph Search avrebbe tra le mani un tesoro che potrebbe davvero far male a Google: la condivisione degli argomenti e delle informazioni tra gli esseri umani, cosa che a Mountain View non hanno.

L’idea però non ha avuto un buon impatto con le Borse. Sembra infatti che i titoli dei Social Network abbiano perso qualcosina dopo l’annuncio di Zuckerberg, che oltre agli affari ha dovuto pensare a come fronteggiare il discorso legato alla privacy dei contenuti che serviranno per far funzionare il Graph Search. Il guru dei Social Network ha infatti dovuto ricorrere a un nuovo algoritmo fatto in casa che servirà proprio ad evitare grane legate al privato del popolo di Facebook: le ricerche avverranno solamente con l’utilizzo di materiale preventivamente condiviso da chi lo ha “postato”.

Se vi è venuta voglia di saperne di più, andate a curiosare qui.

Repubblica.it boccia Volunia, il nuovo motore di ricerca sociale.

Sulla rete, da un paio di giorni, non si fa altro che parlare di Volunia, il nuovo motore di ricerca sociale creato da una delle menti di Google, l’italiano Massimo Marchiori. Per testare Volunia ci si deve registrare e aspettare il pass . In attesa di poterlo quindi testare personalmente, mi affido ad un pezzo di Mauro Munafò apparso sul sito del quotidiano La Repubblica che boccia parzialmente il nuovo motore, per l’esattezza lo “rimanda” a data da destinarsi, perchè colpevole di avere ancora “troppi limiti di navigazione, un’interfaccia incompleta, ricerche limitate, indicizzazione lenta e qualche contraddizione di troppo nell’aspetto “social”. Giudizio sospeso”.

Tornerò presto a parlare di Volunia, un’iniziativa che va comunque premiata per il coraggio dimostrato nel porsi come alternativa seria a Google.