Omsa, che caos!

Da Omsa, che gambe! a Omsa, che caos!

Si evolve così il claim della nota azienda di calze da donna di Faenza che è al centro di un caso di cui stanno parlando un po’ tutti i media, digitali e non.

La storia è questa: lo scorso 27 dicembre, 239 lavoratrici della Omsa si sono viste recapitare un fax dalla dirigenza in cui si comunicava l’intenzione di interrompere il rapporto di lavoro al termine della cassa integrazione previsto per il prossimo marzo.

Da qui  l’idea di attivare su Facebook una campagna di boicottaggio delle linee di prodotto dell’intero gruppo Golden Lady (di cui Omsa fa parte), ossia i brand: Golden Lady, Omsa, SiSi, Filodoro, Philippe Matignon, NY Legs, Hue e Arwa.

La campagna di boicotaggio della Golden Lady sta avendo un incredibile successo. E’ stata infatti creata una pagina Facebook dedicata alla protesta chiamata  Bomsa. Boicotta Omsa e che ha sommato in pochi giorni già 4.694 “mi piace” con numerose  interviste alle operaie coinvolte, interventi dei principali partiti politici a favore della vertenza e commenti di solidarietà giunti da tutta Italia.

La ciliegina sulla torta, una torta evidentemente amara per il gruppo di Faenza, è la creazione di un evento pubblico sempre su Facebook, previsto per il 31 gennaio e ribattezzato “Mai più Omsa“, la cui pagina Facebook, nata da qualche giorno,  ha già raccolto 24.866 aderenti al boicottaggio (la crescita è di più di dieci al minuto): chiunque scegliesse di cliccare sul bottone “parteciperò”,  si impegna a non acquistare prodotti Omsa e Golden Lady e a invitare amici e conoscenti a fare lo stesso.

Un’ altra piccola rivoluzione digitale.

Omsa, che caos!

Web Reputation: il caso di Fabio Volo e della copertina di Vanity Fair.

Antefatto: Vanity Fair chiede un’intervista a Fabio Volo alla vigilia dell’uscita del libro e del film. Fabio Volo accetta. Vanity Fair però, pone tra le condizioni che l’intervista sia una sorta di esclusiva e che esca prima di eventuali altre interviste. Unico strappo alla regola, l’uscita di un pezzo su Sette, scritto dallo stesso Fabio Volo.

L’intervista su Vanity Fair è regolarmente uscita, addirittura il settimanale decide di mettere Fabio Volo in copertina, cosa che non fa quasi mai, quando si tratta di scrittori. Ecco qui sotto la copertina in questione.

Il settimanale esce senza che Fabio Volo veda la copertina. Quando la vede va su tutte le furie. Gli dà fastidio quel titolo: Voi donne che non capite IL SESSO, messo proprio lì sotto la sua faccia.  Volo decide così di scrivere due righe sulla pagina Facebook del Volo del mattino, la trasmissione radiofonica che tiene ogni giorno su Radio Deejay. La pagina, al momento in cui scrivo, “piace” a 72.087 persone, davvero una popolazione immensa di fan, stando alle medie di Facebook. Leggete qui cosa scrive Volo:

Non voglio entrare in polemica con il direttore di vanityfair. Ho scritto giorni fa che trovavo il titolo con la mia faccia in copertina squallido. Oggi ha difeso i suoi lettori e la giornalista. E’ un bel gesto da parte sua ma non lo capisco. Io non ho espresso alcun giudizio sui lettori e tantomeno sulla giornalista con cui mi sono trovato bene durante l’intervista. Io ho espresso un parere sul titolo e il titolo lo fa il direttore. A me conveniva stare zitto perché per il mio lavoro vanityfair e’ importante. Scusate dico ancora ciò che penso. E’ stato un titolo sleale come quello di difendere i lettori e la giornalista quando io non ho accusato nessuno. Un abbraccio a tutti anche al direttore

Pronta la replica del direttore di Vanity Fair, Luca Dini, che sul sito del settimanale risponde così a Volo:

Quando mi avevano segnalato il tweet del 13 dicembre (Dorian era stato il primo) avevo deciso di fare due cose. Primo, contare fino a cento invece di replicare. Secondo, chiedere a Fabio Volo – attraverso chi lo rappresenta – se davvero quelle parole erano sue. Non avendo ottenuto risposte, non avendo visto smentite, e anzi leggendo stamattina un nuovo tweet, mi vedo costretto a difendere l’onorabilità del giornale e di chi lavora con me. Se poi qualcuno mi dirà che non è stato lui a scrivere quei post e quei tweet, sarò il primo a rallegrarmene. Perché non intendo certo offenderlo, io.

La prima intervista a Fabio Volo, nella raffica promozionale che ha accompagnato l’uscita del suo libro e del suo film, era stata offerta a Vanity Fair. Con il suo agente, che conosco e rispetto, si era detto che prima di noi sarebbe uscito solo Sette, con un articolo firmato da Volo e tutto incentrato sulla scrittura. Forse ho capito male io, forse siamo stati lenti noi a organizzare il servizio di copertina, fatto sta che, quando ci siamo presentati sul set del servizio fotografico, abbiamo scoperto invece che saremmo usciti in mezzo a tutti gli altri. Oggi, Gioia, Repubblica, Che tempo che fa, e sono solo quelli che mi ricordo.

La replica integrale di Luca Dini la trovate qui.

Questi dunque i fatti, il resto lo sta facendo la rete e chi la utilizza, con i commenti da una parte e dall’altra. E qui entra in gioco la web reputation sia di Volo che di Vanity Fair. E’ ovvio che la maggior parte delle risposte alle parole di Volo su Facebook stanno con lo scrittore-attore-deejay. Non poteva essere diversamente. Così come i commenti al post di Luca Dini sono per la maggior parte a sostegno di Vanity Fair.

Quindi la guerra è in atto sulla rete: chi difende il titolo di copertina di Vanity Fair e chi invece sta con Volo e con le sue idee. Se volete farvi un’idea del livello dei messaggi pro Volo, accomodatevi nel suo salotto. Se invece volete leggere le difese a Dini, ecco le chiavi per il salotto di Vanity Fair.

Finora non c’è un vincitore, anzi sì. E’ la rete. E’ lì infatti che succede tutto, oggi. E’ sulla rete che si va a parlare e a prendere le difese di questo o di quel fan. Tenetelo ben presente quando deciderete di aprire (ma spero che lo abbiate già fatto) la vostra pagina aziendale su Facebook o il vostro proflio su Twitter, perchè l’importante è esserci. Ma occhio alla reputazione.

Twitter ha cambiato look.
Il successo gli ha dato alla testa.

Giusto il tempo di capire come funzionava ed ecco che Twitter decide di cambiare interfaccia. Per la gioia dei tanti microblogger che erano finalmente riusciti a capirci qualcosa.

Evidentemente al principe dei social network il successo ha dato alla testa. Appena ha saputo di essere sulla bocca di tutti ha deciso di farsi ancora più bello rinnovando la grafica delle pagine.

Qui sopra vedete infatti la nuova grafica del mio profilo Twitter con tutte le caselle al posto…sbagliato. Nel senso che ciò che prima era a destra, ora è a sinistra. E viceversa.

Tipico dei social network. E speriamo che ora, per un po’, ci lascino stare con questi cambi improvvisi.

Ma vediamo nei dettagli cosa ha portato di buono il cambiamento d’immagine.

Il profilo è in apparenza più ampio e ricorda un po’ quello del rivale Facebook. La novità forse più importante è la presenza della amata-odiata pubblicità, amata per gli inserzionsiti e odiata per chi se la dovrà sorbire. Ma anche qui vige la regola del “senza pubblicità l’alternativa è chiudere“.

La famigerata reclame arriva tramite le pagine commerciali, chiamate brand pages, messe a disposizione delle società che vogliono diffondere prodotti e servizi.

Il Ceo Dick Costolo, dice che «Twitter ha l’obbligo di raggiungere ogni singola persona dell’universo internet», ecco il motivo del cambiamento che dovrebbe rendere più intuitiva e facile la pubblicazione dei micropost da 140 caratteri.

Per saperne di più  dire la vostra, l’hashtag da seguire è #newtwitter .

La casalinga di Valencia alle prese con i simbolini dei Social Network.

Questo post è la diretta conseguenza della lettura di quest’altro post trovato sul blog di Alessandro Cosimetti in cui si parla di un produttore spagnolo di latte, la Central Lechera Asturiana, che ha stampato sulle confezioni dei suoi prodotti la scritta: “Seguici su Facebook e Twitter”.

Così adesso la signora Carmen, casalinga di Valencia, farà ancora più confusione con quei simbolini. Però, forse, anzi quasi sicuramente, i suoi figli Pedro e Concita le spiegheranno tutto.

A proposito: potete seguire anche voi la Central Lechera Asturiana su Facebook e su Twitter.

Le imprese sono sempre più convinte dell’importanza del Social Media Marketing.

Apriti cielo! Uno studio recente della società americana Jive, ha confermato un serio interessamento da parte degli Amministratori Delegati delle aziende americane ( e a ruota quelle europee) verso il Social Media Marketing e una volontà concreta di inserire questa attività nel  futuro prossimo del loro Marketing Mix.

Il 67% degli intervistati ha catalogato i media sociali come “un nuovo ed efficace metodo per parlare ai clienti e coinvolgerli nelle scelte di marketing”.

Il 78%, ammettendo l’importanza di una “Strategia Sociale” all’interno dei piani di marketing aziendale,  ha sottolineato come  i Social Network offrano ai clienti la straordinaria possibilità di parlare (nel bene e nel male) dei loro prodotti  e delle loro scelte aziendali. E questo è  vitale per il futuro dell’azienda, perché permette di aumentare la trasparenza e la lealtà nei confronti dei clienti, ma anche dei diretti concorrenti.

Quindi spazio a Facebook, Twitter e al nuovo nato Google+: solo con l’utilizzo continuo e appassionato di questi strumenti le aziende saranno capaci di attrarre più clienti e quindi più fatturato. In particolare, le aziende che hanno deciso di investire sul commercio elettronico, dovranno fare in modo di attivare questa tipologia di vendita anche sulle reti sociali, con la convinzione che, oggi, il mercato ha piantato le tende (e le bancarelle) anche lì, sui Social Network.

Era ora che anche gli AD se ne accorgessero.