La comunicazione turistica sulla rete, in vista di EXPO2015, è indietro. C’è ancora molto da fare. Che aspettiamo?

La mattina di giovedì 13 febbraio, sono stato a Palazzo Isimbardi a Milano, sede della Provincia, per l’evento La Comunicazione turistica ai tempi dell’EXPO evento organizzato da Mediastar.

L’evento era rivolto a coloro che possiedono un’attività turistica (o ludica) a Milano e dintorni e il compito dei relatori era di illustrare cosa fare per migliorare la loro comunicazione in vista dell’EXPO 2015.

Ero molto curioso di sentire cosa si dice (e si promette) in giro sul tema legato alla comunicazione turistica, specialmente quella fatta sulla rete. che poi è l’argomento principale di questo blog.

In genere a questo tipo di eventi si va per capire se c’è davvero qualcosa di nuovo da assorbire e sostanzialmente per non restare indietro, anche perché la rosa dei relatori (foto) era promettente: Alessandro Papini, Direttore della Comunicazione della Provincia di Milano, Massimo Giordani dell’Osservatorio Unicom, Carla Solari di Convention Italia, Roberto Locatelli di Plus Communication e Alessandro Mazzù, web marketing specialist di Qadra.

La nota dolente arriva però subito: durata di ciascun intervento, 10 minuti.

Ora, spiegatemi come si fa in dieci minuti a raccontare, nel caso di Mazzù, come fare web marketing e social marketing per un’attività tipo un hotel milanese o un ristorante in Brianza. Onore quindi a Mazzù che ci ha, perlomeno, provato.

Molte le cose dette ma, come succede quando si ha poco tempo, ridotte all’osso quelle davvero interessanti e costruttive. A un certo punto ho anche sentito questa frase: “Per essere presenti sui motori di ricerca basta avere un sito internet…”. Fosse così facile…

Tra le cose interessanti invece, ne ho appuntate alcune che voglio condividere con voi.

Carla Solari, nel suo intervento, ha parlato dell’importanza dello storytelling nel turismo: viaggiare e fare vacanza è diventato, oggi, prima un’esperienza da vivere e successivamente da raccontare.
In sostanza, lo storytelling è lo sviluppo dell’ormai (quasi) logoro testimonial pubblicitario.

Come dare torto a Carla? E come non darle ragione, purtroppo, quando dice che ci sono alcune regioni italiane (troppe, aggiungo io) che hanno scoperto solo da poco dell’esistenza di EXPO2015.
Questo è gravissimo, e la causa di ciò non è solo da addossare ad un eventuale scarso livello di diffusione dell’evento EXPO al di fuori della Lombardia.

Del già menzionato intervento eroico di Alessandro Mazzù, napoletano specialista di web marketing in gita a Milano, ricorderò il suo tifo spassionato per lo strumento blog. Secondo lui tutte le società che ruotano intorno al turismo dovrebbero averne uno. Parole sante, che io vado sostenendo da anni.

Divertente Mazzù quando si lamenta dello scarso numero di hotel italiani che offrono il wi-fi gratuito: “Se non c’è la connessione internet gratuita cosa dirò ai miei amici su Facebook e Twitter a proposito di quell’albergo milanese in cui ho dormito?”.

Ma l’intervento più interessante, almeno per me, è stato quello di Massimo Giordani di Unicom Italia che ha presentato i dati davvero allarmanti di un’indagine del 2012 (2012!) relativa ai Musei italiani.

In Italia ci sono 103 milioni circa di visitatori all’anno di musei italiani. E solo il 50 per cento di questi musei, grandi o piccoli che siano, ha un sito internet. Dato drammatico se si considera che, sempre secondo l’indagine, nel 2012 addirittura il 75% dei coreani utilizzava lo smartphone per prenotare un viaggio in Italia.

Questo dato fa pensare a quanto ancora c’è da fare, in Italia, dal punto di vista della comunicazione sulla rete. Che aspettiamo?

Ecco nella foto qui a fianco la sintesi, che condivido totalmente, di Massimo Giordani.

E che riassumo anche a parole:

La comunicazione è la madre di tutti i business. Impariamo a comunicare con gli strumenti che tutto il mondo sta imparando ad utilizzare in modo pervasivo.

Promettente, infine, la chiosa del Direttore della Comunicazione della Provincia di Milano Alessandro Papini: “Milano non può fallire. E non fallirà.

Speriamo, aggiungo io.

Meglio tardi che mai.

Sul sito Social Media Examiner, scopro con piacevole sorpresa che ben l’86% dei responsabili Marketing delle aziende si è (finalmente) convinto che i Social Media sono assolutamente necessari per creare business. Meglio tardi che mai!

Questo l’indice di gradimento dei Social Media: Facebook 92%, Twitter 80%, LinkedIn 70%. A ruota seguono i Blog con il 58%, YouTube 56%, Google + 42%. Fanalino di coda, ma solo per un punto percentuale, Pinterest con il 41%.

Parlando però di investimenti futuri, in cima alla lista dei desideri c’è YouTube con un significativo 69% di responsabili Marketing che intendono investire sul sito di video sharing.

Buon risultato anche per quanto riguarda la volontà di investire sui Blog Aziendali (e non) che ottengono il 66%, una bella cifra per coloro che credono nei contenuti interessanti per attirare clienti e generare lead.

A margine di questi dati, segnalo la sempre più nutrita richiesta da parte delle aziende della figura di Social Media Manager. Purtroppo, a fronte di molte richieste, l’offerta è davvero scarsa. Nel senso che coloro che sanno fare davvero il lavoro di Social Media Manager sono pochi. Non è sufficiente saper smanettare sui pc e sui social. Ci vuole professionalità e un minimo di conoscenza basilare dei principi di comunicazione e di marketing.

Succede infatti che le aziende, anche importanti, si portino in casa figure in apparenza interessanti ma che al primo problema non sanno che pesci pigliare.

E se non sai che pesci pigliare nella “rete”, nella padella ci finisci proprio tu.

Un perfetto esempio di “blog di viaggio” e del perché TripAdvisor ha ancora un notevole successo.

Ben tornati a tutti. A proposito di vacanze, voglio segnalarvi il blog di viaggio del mio amico e collega Roberto Fuso Nerini. Il blog si chiama Travelling Fuso ed è un perfetto esempio di come si possa utilizzare un blog (in questo caso su WordPress) per raccontare una vacanza. Roberto (in viaggio con la moglie Barbara) è appena tornato dalla Baja California, Mexico e ha raccontato per filo e per segno le loro quotidiane avventure. Si legge sulla pagina di presentazione del blog: “Questo blog nasce per raccontare la passione per i viaggi e per lasciare traccia di una nuova esperienza che sta per iniziare.”

Roberto ha uno stile di scrittura molto piacevole e ironico ed è stato appassionante seguirlo in ogni suo spostamento. Siccome anche lui si occupa di web marketing come me, non ha fatto a meno di scrivere un post sul costante successo che sta avendo TripAdvisor, anche in terra messicana. Leggete cosa scrive Roberto su TripAdvisor:

Ossessione TripAdvisor. Tutti ne parlano. Ovunque se ne parla.

E’ stato uno dei tormentoni della nostra estate messicana.
Bed and breakfast, ristoranti, locali. La domanda alla fine (spesso all’inizio) era: “come ci avete conosciuti e soprattutto scelti”?
Fino a due anni fa l’ovvia risposta sarebbe stata, Lonely Planet. Oggi, TripAdvisor. Ed è la risposta che tutti si aspettano.
Lo score e il ranking su TripAdvisor sono l’obiettivo. E il risultato di eccellenza (da 4 punti, 4 e 1/2 in su) esibito in bella vista con gli attestati personalizzati.
Le conseguenze?
Lo sforzo per elevare e mantenere alto il livello della reputazione on-line si traduce in vantaggi immediati per l’utente: attenzione al servizio, pulizia, qualità dell’offerta, gentilezza, diversificazione (a volte anche solo in piccoli dettagli) dai concorrenti.
Spesso, in maniera un po’ “ruffiana”: richieste esplicite di commenti positivi o attenzioni particolari per ottenerli. Un ristorante di San Josè del Cabo, alla nostra dichiarazione su come lo avevamo scoperto, ci ha portato e offerto un complimentary dessert. Casuale?

L’invito personale alla Galleria Campari: come portare un bambino a Disneyland.

Quali sono le migliori soddisfazioni che si possono ottenere da un blog come il mio? Un buon numero di visite, qualche commento interessante e l’idea di fornire un servizio ai miei pazienti lettori. Ma cosa c’è di più bello che ricevere una mail dalla Direzione Marketing del Gruppo Campari, che dice così?

Buongiorno Enrico,
qualche tempo fa gironzolando in rete siamo incappati nel suo blog e devo dire che troviamo sempre spunti piuttosto interessanti.

Per ricambiare, abbiamo pensato di invitarla a visitare Galleria Campari e la neonata Campari Academy, presso i nostri headquarters di Sesto San Giovanni.

Nell’occasione le offriremmo volentieri un aperitivo.

Naturalmente ho accettato con entusiasmo l’invito e sono andato a far visita agli uffici Campari Group di Sesto San Giovanni. E la soddisfazione di cui sopra è aumentata quando mi hanno rivelato di aver scelto il mio blog tra decine di altri che loro frequentano periodicamente per propormi questa visita esclusiva alla Galleria Campari e alla Campari Academy. E così mi sono sentito un uomo felice, anzi, un blogger strafelice.

Per non parlare della visita alla Galleria Campari che per me, appassionato da sempre di grafica e comunicazione (settori in cui bazzico da oltre vent’anni), è stato un po’ come portare un bambino a Disneyland.

Galleria Campari è “un laboratorio di immagini e di emozioni”, come recita il claim della Galleria stessa. Un omaggio che Campari ha deciso di fare ai suoi consumatori attraverso un percorso artistico e multimediale senza precedenti.

Una visita guidata (e gratuita) attraverso le opere che hanno caratterizzato la comunicazione di Campari nel mondo dal 1860 ai giorni nostri. In queste foto ne vedete alcune.

E così mi sono ritrovato proprio come quel bambino di Disneyland, tra le gigantografie dei poster di Fortunato Depero e Marcello Dudovich per il Cordial Campari e per il Bitter Campari, la famosa composizione dei loghi Campari di Bruno Munari e gli storyboard dello spot pubblicitario Campari girato dal grande Federico Fellini con protagonista Silvia Dionisio.

Terminata la visita alla Galleria, abbiamo visitato anche gli spazi della Campari Academy, un’altra idea del Gruppo, in cui si tengono dei corsi specializzati di Spirits & Wine Management, dedicati a coloro che vogliono diventare Barman, Bar Manager e Club Administrator. Riporto dal sito ufficiale della Campari Academy:

Spirits & Wine management:
una prestigiosa Accademia del Beverage creata dall’industria in Italia per l’insegnamento dell’arte del Bartending e non solo e per favorire lo sviluppo di una cultura dell’eccellenza.

Campari Academy nasce con lo stesso spirito innovativo che ha da sempre contraddistinto il Gruppo Campari e ne diviene una naturale evoluzione. Dal 2012, gli Headquarters di Sesto San Giovanni aprono le porte all’Accademia del Beverage riservata ai professionisti del settore e a tutti coloro che desiderano entrare a far parte di questo mondo .

Durante la visita ho potuto assistere personalmente ad una porzione del corso per diventare Barman (foto).

Al termine di tutto ecco la ciliegina sulla torta. O meglio, la ciliegina nell’aperitivo, che mi hanno offerto personalmente nel bar riservato ai visitatori della Galleria. Così abbiamo avuto modo di parlare un po’ di web marketing e di blog. E per sdebitarmi di tutto ho fornito alcuni suggerimenti di Web Marketing.

Ah, dimenticavo. Non vedo l’ora di portare mia moglie e mia figlia alla Galleria Campari. E voi, che aspettate? Gli orari delle visite li trovate qui.

Perché il giornalismo non può più fare a meno della rete.

Ieri nell’inserto economico Affari&Finanza in edicola con Repubblica, mi ha colpito la rubrica Backstage di Simone Marchetti che parlava di un tema a me molto caro, quello dei Social Network e delle loro straordinarie risorse messe a disposizione a chi vuole comunicare con efficacia sulla rete. Ecco cosa racconta Marchetti:

Marzo 2012. Sfilata di un marchio di moda. In seconda fila due giornaliste di moda italiane parlano a voce alta. La musica, in sala, è assordante. La prima chiede chi siano, in quinta fila, quelle persone sedute di fianco ai colleghi. La seconda risponde che non lo sa, forse sono infiltrati. Dietro di loro, un redattore di qualche anno più giovane spiega: sono alcuni fashion blogger. “C’è la ragazza famosa”, sottolinea citando il relativo sito, “il ragazzo che aiuta la Camera nazionale della moda, quella che si spaccia per blogger e invece fa consulenze di marketing e quello che aiuta un’ex giornalista televisiva convertita a internet”.
Le due fanno occhi da pesce lesso. “Non ci interessano i blogger”, dicono. “Non abbiamo mica tempo per guardare tutti i siti che spuntano come funghi. Del resto, non abbiamo nemmeno un profilo su Facebook. E Twitter, per noi, è un cicaleccio per ciarlatani. Vuoi mettere i nostri articoli e i nostri redazionali di moda? La loro qualità, il loro potere d’informazione”. “Oggi però”, continua il collega più giovane, “le nuove generazioni si informano su tablet e cellulari, controllano più i Social Network di quotidiani e periodici e chiedono nuove modalità di giornalismo. I blogger, poi, vivono attaccati ai risultati di Google Analiytics e sfruttano al massimo le potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione”. “Google che? Guarda che il motore di ricerca lo so usare anch’io”, taglia corto la giornalista. “Ma no! Google Analytics è un’altra cosa… Però non fa nulla, sta per iniziare la sfilata”, taglia corto il collega.
In questo siparietto, divertente e allarmante, sta la spiegazione del cortocircuito in atto nell’informazione di moda (e non solo) di oggi. Da una parte ci sono i blogger, bravissimi a maneggiare le nuove tecnologie. Dall’altra, la maggior parte dei giornalisti, arroccati nell’accademia dell’altro ieri. All’estero, però, pochi (ma buoni) blogger stanno imparando la professionalità dei giornalisti, mentre molti reporter si stanno appropriando dei mezzi dei blogger. Domanda: perché in Italia questo processo è ancora agli albori?

E voi di che categoria fate parte? Giornalisti di oggi (e di domani) o giornalisti di ieri?

Fonte: Affari&Finanza – La Repubblica